Ero più giovane, ascoltavo Cosmo e la sua Sei la mia città, mi divertiva e faceva riflettere al tempo stesso. Che poi, a ripensarci, è strano.
Soffermarti a pensare mentre la testa e le mani si muovono seguendo quelle note. Scrivevo di Cosmo, scrivevo di Sei la mia città, di me,e lo facevo così…
“Ricordi e speranze che vanno a miscelarsi all’elettronica di Cosmo. Non sbaglia un colpo Marco Jacopo Bianchi. La sua musica ti trascina e le sue parole ti bloccano le gambe. Se da un lato ti immagini sudato a ballare in pista a seguire le note musicali, dall’altra parte c’è l’ovvio rovescio della medaglia. Lo stare supino a letto, a fissare il vuoto avvolto dal buio pesto e con le parole che rimbalzano tra l’incudine e il martello delle nostre orecchie. Non esistono stagioni e posti ultraterreni con lei/lui.
Neppure lo schifo d’inverno, nemmeno l’inferno, vorrei starti lontano, te lo dico più piano…
La voglia, quella viscerale, di averla/o accanto. Come se il mondo esterno e gli scenari danteschi non avessero valore o senso di esistere dinanzi alla persona giusta. Il rischio. Il gusto del brivido e delle azioni proibite. La speranza di poterle dire quelle parole che affollano il nostro cranio da mesi. Questa è Sei la mia città.
Lo penso ogni volta che devo partire. È sempre bello tornare, confuso, spaccato, fatto, sfatto, è bello percorrere i sensi vietati guidando veloce con gli occhi bendati raggiungerti e dirti mi piaci, ca**o se mi piaci…
Che poi spesso non si parte nemmeno. Si resta qui ad aspettare un’apertura, un cenno d’intesa che magari non arriverà mai. Però siamo costanti noi romantici. Ci illudiamo per un sorriso, un messaggio.
Ci aggrappiamo a qualsiasi cosa pur di farci male.
Ma siamo fatti così. Non ce ne sbatte un cazzo delle conseguenze. Ci immergiamo nelle nostre emozioni e non badiamo a spese. Nulla può fermarci se le nostre azioni sono finalizzate all’essere accanto a lei/lui. I viaggi di notte in pessime condizioni psicofisiche nelle nostre ZTL interiori. ZTL è l’acronimo perfetto che non svelerò mai. Riconosceremmo lei/lui anche privi di vista alla guida. Riconosceremmo lei/lui dall’odore, tra mille corpi che magari aspettano un cenno da noi. Riconosceremmo lei/lui dalla luce dei suoi occhi. Come quando al mattino abbiamo gli occhi chiusi ma sentiamo i raggi del Sole poggiarsi sul nostro viso.
Ecco. Allo stesso modo ci accorgeremmo di lei/lui. È qualcosa che non si può spiegare a parole, dovremmo viverle tutti queste sensazioni. Non tutti hanno quella luce e accontentarsi di un fiammifero quando si punta dritti alla stella più luminosa non ha senso.
Sei la mia città, fuori dal centro, sei la mia città, è un complimento, sei la mia città, ti vengo dentro e se succederà…
E se succederà? Sarai la mia città ideale, la patria da difendere con le unghie e con i denti ma senza mura di cinta. Proteggere ma non soffocare perché loro, le nostre città ideali, son perfette così: libere.
Intanto sono giorni che questa canzone è in loop.
In fondo noi viviamo di loop musicali e personali…”