Un’esplosione. Energia che si sprigiona all’improvviso, milioni di frammenti che si disperdono in direzioni opposte, taglienti e veloci. Un attimo di quiete. Poi, un nuovo inizio: i pezzi rotti si ricompongono e trovano un ordine nuovo. È questo il concetto da cui parte Giorgio Poi nel suo ultimo album, Schegge, disponibile dal 2 maggio.
Tutto, in questo lavoro, suggerisce una frattura: il titolo, la copertina – un tappeto di frammenti spigolosi e colorati - ma anche la struttura stessa dei pezzi, che si presentano come istantanee di vita, esplose e poi ricomposte in forme nuove.
Per la parte strumentale Giorgio Poi ha collaborato con Laurent Brancowitz, membro dei Phoenix (celebre band francese), che lo ha affiancato nella rifinitura e nell’equilibrio sonoro dei brani. Ha aggiunto un tocco di eleganza, ma senza snaturare l’identità dell’artista.
Schegge, un insieme di istantanee emotive
Rispetto al precedente album , “Gommapiuma” – che già dal titolo evoca morbidezza, leggerezza, sicurezza – Schegge indica l’opposto. Uno scoppio, una rottura, ma anche un tentativo di ricostruzione. Qui Giorgio Poi fa i conti con le esperienze personali più dure degli ultimi anni: la fine di una lunga relazione, la perdita del padre, il ritorno a Roma dopo anni di lontananza.
È un lavoro fortemente personale, tanto da non includere alcun featuring. Non per chiusura, ma semplicemente perché l’artista non ne sentiva l’esigenza, dovendo raccontare qualcosa di intimo e diretto. Eppure, molti brani superano la dimensione autobiografica, aprendosi a un’interpretazione di più ampio respiro, una dimensione collettiva. È il caso di “uomini contro insetti”, definita dallo stesso Giorgio Poi il racconto di “un’apocalisse autoinflitta dall’uomo”. Una società sull’orlo del collasso, soffocata da gentrificazione, capitalismo, crisi climatica e disillusione, in un pezzo che scorre come un flusso di pensieri.
È la vita low cost
Sognando le vacanze in splendidi resorts
Su isole sospese tra il polo sud e il polo nord
Dove si arriva soltanto coi soldi
Dove anche i mori diventano biondi
Ogni brano di quest’album è una fotografia sgranata, un ricordo che riaffiora.
In “giochi di gambe” – pezzo scritto per ultimo ma che è stato inserito in apertura al disco – emerge in modo sottile ma profondo il tema della perdita del padre.
Entra un raggio di luna dalle finestre
È mio padre che dice che mi protegge
In questa grande esplosione siamo le schegge
“non c’è vita sopra i 3000 kelvin” affronta l’incomunicabilità e la distanza emotiva, una costante tensione tra freddezza e calore. “un aggettivo, un verbo, una parola” è il racconto di un addio, mentre in chiusura c’è “delle barche e i transatlantici”.
Come Cristoforo Colombo che naviga verso le Americhe, Giorgio Poi viaggia alla ricerca di un futuro che ancora non conosce.
Non tutto è sotto il nostro controllo, ma prima o poi“una luce si accenderà nel buio più cocciuto”
Molti passaggi ci ricordano che alcune cose non possiamo cambiarle. A volte è meglio mollare la presa e far sì che tutto vada per la sua direzione, proprio come frammenti che si disperdono. Ma questo non significa arrendersi. Al contrario, si può cambiare prospettiva, come ci suggerisce in “tutta la terra finisce in mare”.
Salendo in piedi sulle sedie e sui tavoli
Dai piani alti dei grattacieli e dai pinnacoli
Camminando sugli altipiani, coi binocoli
Dai finestrini delle astronavi e dai satelliti
Sotto le ali dei deltaplani, come diavoli
Con la testa fra le nuvole, la testa fra le nuvole
Con la testa fra le nuvole, vedrai
Che tutta la terra finisce in mare, tutta la terra finisce in mare
Anche io e te
Bisogna accettare, a volte, che “les jeux sont faits”, quel che è fatto è fatto, ma non per questo tutto è perduto.
Perdere tempo è davvero un peccato
Non tutto il tempo perso, però, è tempo sprecato
E poi c’è “schegge “, la title track. Un intermezzo musicale dall’atmosfera malinconica e sognante. Ascoltarla è come scivolare nel finale di un film, con i titoli di coda che scorrono sullo sfondo.
Due dimensioni che s’intrecciano: natura e corpo
Accanto al racconto esplicito, Schegge lascia spazio a una narrazione sensoriale ed evocativa. In diversi brani, la dimensione naturale e quella corporea si uniscono. Il corpo diventa il luogo del ricordo, della nostalgia, ma anche testimone del tempo che passa. La natura è spesso usata per dar forma a qualcosa che non si può spiegare.
Schegge, dunque, è un album che lavora sul dettaglio, sulla sfumatura. Un progetto che segna una ripartenza, insegnandoci a stare dentro le fratture e aspettare che col tempo si ricompongano, senza forzare nulla.