Un titolo strano, quello della news di oggi, è vero. Non tutti lo sanno (sfortunatamente), ma il 24 marzo è una giornata speciale in tutto il mondo. Cade oggi una ricorrenza riconosciuta dall’Onu in tutti i suoi Stati membri, ma che continua a non diffondersi a sufficienza nell’opinione pubblica. Il 24 marzo, appena dopo l’inizio della primavera, si celebra la Giornata Internazionale per il diritto alla verità sulle grave violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime. Insomma, un titolo impegnativo per solamente 24 ore. Ma fondamentale.
Ogni anno, ogni mese, ogni giorno, ogni ora, si accatastano l’uno sull’altro milioni di casi di abusi di potere. Che siano questi da parte di civili, di bande criminali, di gruppi terroristici, di forze dell’ordine, poco importa. I diritti inalienabili dell’essere umano, tra cui quelli alla nutrizione, al riposo, alla sicurezza, alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla casa, alla vita, sono (e sono stati) violati un numero inconcepibile di volte.
Quante volte, davanti ai nostri occhi, è stata tolta la dignità a una persona? E da persona a vittima, in senso stretto, il passo è breve, se togli la dignità.
La persona cacciata dalla casa popolare per il troppo poco spazio e i pochi soldi in tasca, l’operai* licenziat* dall’azienda per cui lavora da 40 anni per una delocalizzazione, il/la detenut* suicida in carcere, il/la giovane pestat* per strada. Quanti altri esempi bisogna fare per capire che tutti, a un certo punto della nostra vita, possiamo essere vittime? E che molti dei nostri diritti possono esserci sfilati di mano fin troppo facilmente?
Il 24 marzo vuole accendere una luce sulle vittime, le persone che stanno dietro a una violazione dei diritti. Coloro che vengono quasi annullate dalla pesantezza del fatto che le investe e che, per questo, devono essere rimesse al centro della discussione, in quanto protagoniste. Spesso la musica ci ha mess* di fronte a vicende in cui ricordare le vittime, schierarsi dalla loro parte e combattere con (e per) loro. Qui una selezione dei casi più svariati e delle situazioni più disparate, ma sempre cercando di dare la voce a chi non la ha.
1. Freedom – Rage Against The Machine
Sui Rage Against The Machine potremmo basare tutto questo articolo. Risaputamente è LA band che tratta di temi sociali e ingiustizie. I RATM in Freedom cantano e suonano per la libertà dell’attivista nativo americano Leonard Peltier, condannato all’ergastolo per la morte di due agenti dell’FBI senza alcuna prova della sua colpevolezza nel 1977. Peltier ha visto la sua pena detentiva commutata in arresti domiciliari solamente il 20 gennaio di quest’anno. 48 anni in prigione, dopo una sentenza di colpevolezza per due crimini orrendi, data da una giuria formata interamente da persone bianche storicamente anti-indigene. 48 anni di privazioni, di diritti mancati, di vita vissuta a metà.
2. Abbiamo vinto la guerra – Lo Stato Sociale
“Federico se n’è andato via da solo”
Queste parole, personalmente, mi tormentano da quando le ho ascoltate la prima volta. La persona di cui parla questo verso, cantato da Lodo Guenzi, è Federico Aldrovandi, il diciottenne ucciso a manganellate da quattro agenti delle forze dell’ordine nel 2005, a Ferrara, mentre rientrava a casa sua dopo una serata in discoteca. Appena maggiorenne, Federico è stato picchiato a morte e soffocato dalle persone che dovrebbero lavorare per la nostra sicurezza. Aveva diciotto anni. Era disarmato. Era solo.
3. I cento passi – Modena City Ramblers
Impossibile non aver mai sentito l’espressione “cento passi” legata a Peppino Impastato, giovane giornalista siciliano morto nel 1978 per mano mafiosa. Un professionista che non voleva farsi gli affari propri, un ragazzo di 30 anni stufo della condizione in cui versava la sua terra natia, che non aveva paura a scrivere che la mafia è una montagna di merda. I Modena City Ramblers, in questo pezzo, cantano della sua vita, della sua missione, del suo assassinio, ma, soprattutto, del messaggio che ci ha lasciato.
4. Nella mia ora di libertà – Fabrizio De Andrè
Questo brano non ha un destinatario preciso, né una persona esemplare che rappresenta una categoria di vittime. La meraviglia di Nella mia ora libertà è quella di metterci tutt* al posto di un* detenut*. In quel luogo dove i diritti dell’uomo vengono soppressi per la supposta rieducazione e risocializzazione, le persone ci muoiono, soprattutto in Italia (siamo stat* richiamat* innumerevoli volte dalla Corte Europea dei Diritti Umani). Suicidi, omicidi fra compagn* di cella, rivolte, abusi di potere da parte delle forze dell’ordine, abusi di farmaci. Questa è solo una piccola lista di quello che un uomo o una donna reclus* provano durante le loro 24 ore giornaliere, in attesa di un’ora di libertà che, per alcuni, non arriva mai.
5. La bomba – Daniele Silvestri
Una canzone che l’autore stesso ha legato alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Il giorno in cui la stazione dei treni del capoluogo emiliano venne resa al suolo da una bomba di stampo neofascista, che uccise 85 persone e ne ferì 200. Un brano che parla di un uomo diventato sordo dopo l’esplosione di un ordigno in un attentato terroristico, che ben descrive il senso di insicurezza, di rottura e di sconvolgimento che questi eventi portano con sé.
Queste sono alcune canzoni che ricordano solo pochissime categorie di vittime. Usiamo la nostra voce, la musica nostra e di altri, per ricordare, per sostenere e per lottare. Per le persone, per ridare dignità alle vittime.