Ultimamente gira sui social la tendenza a voler ripristinare, riportare sotto la luce dei riflettori, artisti della scorsa generazione. Artisti che purtroppo non hanno più il seguito di una volta, che hanno avuto difficoltà personali o che semplicemente hanno trovato difficile adattarsi ad un ricambio generazionale. Un nome tra tanti, che ritroviamo in questi giorni, è per esempio quello di Gerardina Trovato.
Ma tutta questa foga di aiutare, da cosa nasce? Dalla convinzione che ci sia ancora un conto in sospeso? Un forte contributo da dare alla musica e non ai salotti dei talk, qualcosa da dire in metrica? O dal buonismo, figlio del retaggio ancestrale portatore sano del senso di colpa per ciò che invece è stato fatto ad artisti come Mia Martini, Mina, Marco Masini?
Procediamo per gradi, abbracciando un discorso ben più ampio che interessa molti più musicisti di quanto non si creda.
Gli artisti della scorsa generazione hanno ancora qualcosa da dire?
Non mi riferisco al fatto che la musica debba per forza, tassativamente, contenere un messaggio, ma la verità, la trasparenza, il perché lo stai facendo, lo senti anche “solo” nel riff di una chitarra.
Alle volte, nel tentativo di tornare alla ribalta o di mantenere una presenza nel mondo della musica, si ricorre a espedienti estremi e poco dignitosi. Alcuni interpreti che una volta erano capaci di dare natali a musica di successo, oggi propongono brani definiti “cringe” persino da orecchie poco competenti. Provano a modernizzarsi, si avvalgono di una pretesa di “svecchiamento” (attuata nel peggiore dei modi). Finiscono, in un certo senso, quasi a ridicolizzarsi, rischiando di compromettere la loro immagine ledendo ciò che di buono hanno costruito in passato.
Basi computerizzate, sound presumibilmente disco pop, ma talmente “martoriato” da essere il più delle volte incatalogabile. Il tutto condito da una produzione terrificante.
Non c’è niente di male a voler fare musica, a voler continuare a vivere di quello anche se gli ascolti di una volta, di fatto non ci sono più. Soprattutto se per un periodo hai dato e detto qualcosa, se hai avuto il piacere di dare alla gente qualcosa in cui identificarsi, perché la musica è accessibile a tutti.
Spesso più che necessità espressiva e viscerale, diventa una necessità di tutt’altro tipo.
In un artista c’è sempre un bisogno superiore oltre a quello del Dio denaro e della concubina fama. E’ per questo che molti talenti della scorsa generazione poi si fanno da parte. C’è chi sceglie di fare la tv (scelta opinabile), chi di lavorare con la musica in una nuova veste, chi di fare serate in memoria dei tempi che furono, ecc.
La musica è fatta di gusti, ma alcuni vengono oggettivamente tirati fuori con la speranza che possano piacere al nuovo pubblico. Senza alcun impegno di qualità e, guarda caso, le canzoni “tentativo disperato” sono sempre riconoscibili.
Credo sia ora di sfatare il mito secondo il quale se hai avuto il tuo momento in cima al mondo, lanciando uno o più brani memorabili, tu debba per forza essere ancora capace di dare un contributo alla musica moderna. E’ una pressione ingiusta e insostenibile, in un’era dove anche gli idoli attuali fanno (seppur molto bene) hit usa e getta. Soprattutto se non si parla di personaggi come Gianna Nannini o Vasco Rossi. Artisti che continuano a mantenere il loro successo grazie alla fedeltà verso sé stessi, offrendo principalmente brani di alta qualità. Tuttavia, anche per loro ritengo che il meglio sia già stato raggiunto.
Fidelizzare una nuova generazione con della nuova musica è difficile. Ma alcuni sono stati capaci di creare brani in passato che ancora oggi riescono a rompere qualsiasi barriera. E questo consente loro di organizzare tour su tour proponendo brani storici per gente di qualsiasi età. Senza il bisogno di trovare il trash per accaparrarsi il favore dei giovanissimi.
Ma cos’è ciò che li ha resi ciò che ancora oggi sono e che li distringue da chi “non ce l’ha fatta”? Probabilmente la costanza, il duro lavoro, la qualità e in molti casi l’innovazione. Ascoltiamo sempre e ancora Battisti, De André, Battiato, e non sono nemmeno più qui con noi. E’ musica che si promuove da sola, attuale. Attuale perché ci diceva qualcosa, e il mondo non cambia mai. Oggi avrebbero trovato ancora le parole?
Certo non significa che chi non è riuscito a mantenere viva la propria carriera come gli esempi sopra citati sia artisticamente meno valido. Solitamente è un insieme di fattori: alla fine tutto ciò che interessa alla gente è solo la musica. Ballarci sopra, ma anche specchiarsi.
Va bene spingersi oltre, sperimentare, ma c’è un limite imposto dalla qualità.
Gli artisti per tentare una rimonta sperimentano tanto, ma tralasciano qualcosa.
Se hai qualcosa da dire, se hai un testo, una melodia, un’idea buona, è davvero necessario usare un’accozzaglia di rumori per provare a mal imitare la nuova vita di Orietta Berti o dei Ricchi e Poveri? Le parole giuste, accompagnate da un piano, da una chitarra, restano sempre la scelta migliore per vincere ogni gap generazionale.