“In memoria di”, il diario di Lamante

da | Mag 15, 2024 | Recensioni album

"In memoria di" è l'album d'esordio di Lamante. Di seguito la recensione.

Sono su un treno diretto per Torino quando ascolto per la prima volta In Memoria di, l’album d’esordio della cantautrice veneta Lamante. Cerco di farmi scivolare addosso le ore di viaggio e osservo in lontananza le Alpi, facendo partire nelle mie cuffie la riproduzione casuale delle ultime uscite della settimana.

Ultimamente i progetti che ho approfondito a partire dalla modalità shuffle non sono stati molti, a dir la verità. Ma di Come volevi essere – prima traccia dell’album di Lamante – mi innamoro subito. Ascolto la voce, mi soffermo sulle parole, cerco di cogliere ogni sfumatura, ogni sussurro e ogni grido di Giorgia (il vero nome di Lamante).

Scopro che si tratta di una canzone già edita (2023, Artist First) e da lì inizia un (nuovo) viaggio (nel viaggio). Mi incuriosisce l’immagine di copertina dell’album in cui è raccolta, che ritrae Lamante da piccola, all’età di quasi 6 anni, di cui lei stessa racconta:

C’è una foto che vedrai accompagnata a questo lavoro, sono io da piccola, ero alla materna, non avevo nemmeno 6 anni. Quella è la me che con questo lavoro spero di perdere. Te la faccio vedere ogni volta che salgo su un palco, ma io faccio fatica a vederla.” 

La mia attenzione cade anche sul titolo, In Memoria di chi?, mi chiedo.

“Io sono l’insieme di piccole perdite, simili a piccole morti, simili a piccole canzoni. 11 canzoni. Queste 11 canzoni sono state la misura di tutte le cose per 25 anni della mia vita. Come volevo essere da grande? Una perdente come mio nonno, come un contadino, come è la storia della mia famiglia, com’è la terra del veneto ed i suoi abitanti. Questo album parla di perdita. Dell’unica cosa che non ho mai lasciato andare e che provo affannosamente da così tanti anni a perdere.”

Lamante ha aperto così il baule dei suoi ricordi, recuperandoli come si fa con i vecchi diari e raccogliendoli nelle undici canzoni del suo album. A dirla tutta, i diari che ha riportato alla luce sono quelli di suo nonno, della sua famiglia, delle sue radici:

3 anni fa ho trovato 6 diari di mio nonno. 3 anni fa ho scoperto di vivere in una Ceci-città. Di non avere il controllo sulla mia memoria, pensavo di possedere i miei ricordi che la mia città non fosse una città sommersa. Schio ha una storia particolare, profonda, di contrasti, di lotta, di eroina, di AIDS, riempita di buchi e ricordi recisi a metà, di silenzio omertoso.”

Durante il mio viaggio in treno ho ascoltato più volte le parole di Lamante. I momenti di vita racchiusi nel suo progetto diventavano sempre più nitidi e chiari, così ho cercato di capire cosa mi stesse colpendo così tanto.

Forse il fatto che nella sua voce si nascondesse un po’ della prima Maria Antonietta, quella che pensava alla felicità e ai locali punk?

Forse la presenza di un grido di ribellione costante a cui ci ha abituato anche Levante? (Tra l’altro nell’album della cantautrice siciliana in uscita il 23 Maggio, Giorgia sarà presente in una nuova versione di “Duri come me” – can’t wait).

Potrei forse essere stata colpita da quella dolcezza a tratti delicata, a tratti struggente che mi ha fatto affezionare ad Emma Nolde, altra stella su cui scommettere nel panorama degli artisti emergenti italiani?

Ci ho riflettuto, ma sono giunta a una conclusione. Ciò che cattura di più l’attenzione in Lamante è proprio lei, Giorgia.

Perchè sì la vera forza del progetto risiede proprio in questo: nella sua capacità di essere riuscita a raccontare di sè. In modo scomodo, a tratti disilluso, demotivato, ma non troppo. Non a tal punto da non credere che ora

è tempo di recidere. È tempo di una nuova generazione. È tempo di un nuovo figlio. È tempo di una rigenerazione. Amanti di tutto il mondo unitevi! La pace profonda non può che essere la guerra che viene.”

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