Non solo Lana Del Rey, Sza, Vampire Weekend o The National: tra i nomi più attesi al Primavera Sound 2024 a Barcellona c’è anche Liberato.
In pochi anni Liberato è diventato un essere mitologico della scena musicale italiana: sottolineo musicale e non discografica.
L’identità di Liberato, anonima ma limpida
Oltre alla sua identità sempre celata dietro maschere, schermi e sosia, possiamo trovare proprio in questa differenza tra scena musicale e discografica la prima, grande frattura tra Liberato e l’enorme circo che alza polveroni intorno agli artisti in Italia.
Liberato dal 2017 ha concesso una sola intervista (se intervista vogliamo definirla), non parla tramite gli uffici stampa, le etichette e i manager. Parla solo ed esclusivamente con la sua musica. Una musica fatta di non troppe parole, di produzioni di un livello che in Italia, forse, raggiunge soltanto Mace e di una valanga di vibes.
La scelta dell’anonimato potrebbe sembrare una mera strategia di marketing o di brand, ma c’è almeno un lato molto più profondo di questi: la libertà.
Nascondersi significa essere liberi di fare un po’ quello che si vuole senza dover per forza mettere un timbro, senza definirlo e firmarlo. Ma non solo: senza venir risucchiato nel mondo dello show business, Liberato sarà sempre più libero e leggero nello scrivere, passeggiando per strada senza che nessuno gli chieda una foto, senza giornalisti o conduttori che lo tirino per la manica per trascinarlo in pasto al pubblico.
Nascondersi per mantenersi puro di fronte alla musica, all’ispirazione e alla scrittura. Per avere la mente libera di fluttuare lontano e non lasciarla affogare tra luci troppo scintillanti, accecanti e concrete.
Liberato dal vivo non si vede (o meglio, sente) tutti i giorni
Liberato in 7 anni di attività musicale non si è esibito molte volte dal vivo. I concerti riportati fin qui sono 17, di cui 6 all’estero e 7 a Napoli o dintorni. Per avere un metro di paragone, ad esempio Gazzelle si è esibito 49 volte nello stesso periodo; Fulminacci, dal 2019, 35 volte. L’aura mitologica e misteriosa non è quindi solo dovuta all’identità, ma anche alla rarità di vedere Liberato dal vivo.
Liberato è materiale e immateriale contemporaneamente, si nasconde nel nulla per riuscire a trasmettere tutto.
Gli album pubblicati sono 3, non molti ma nemmeno pochissimi (uno in meno di Calcutta, per dire) e ogni singolo pezzo è legato a doppio filo ad una cultura precisa, ad una città e ad un linguaggio unico. Se c’è un merito riconosciuto in maniera quasi unanime a Liberato, è quello di aver dato una nuova linfa alla musica napoletana, ad una lingua musicale che si presta alla perfezione in più ambiti artistici ma che, prima di lui, non veniva praticamente mai utilizzata in questo modo.
Non sappiamo se vederlo al Primavera Sound possa essere definito consacrazione, di certo è una celebrazione di un modo di fare musica unico, puro; un percorso diretto dall’artista all’ascoltatore privato di tutti i filtri mediatici. Sapere che l’unico artista italiano scelto è proprio lui, affiancato ad alcuni tra i migliori interpreti della musica mondiale, è già un successo.