Con una carrellata cinematografica tutt’altro che ampia, un primo piano sul volto di Antonio Mazzariello non è di certo fuori contesto nel pop della Gen Z, soprattutto con il suo ANTISOMMOSSA.
“Pubblicità Progresso” nel 2021, il sodalizio con Futura Dischi nel 2022, il primo Ep “Ufficio oggetti smarriti” rappresentano una parabola involutiva che scava nel carattere talvolta intimo, talvolta sfacciato di Mazzariello.
Il nuovo Ep ANTISOMMOSSA si presenta credibile fin dai primi secondi della traccia numero uno, dove i livelli esterni e interni delle trame musicali si accavallano e l’operazione di mimesi si eleva a tal punto che lo spettatore crede a ciò che vede.
Lo svolgimento del discorso musicale, nelle seguenti canzoni, evidenzia in maniera abbastanza plateale elementi legati alla comprensione dell’espressione della forma; qui una piccola nota chiarificatrice è necessaria: la musica di Mazzariello non arriva per la sua classica forma-canzone ma per l’espressione di essa e cioè come l’elemento musicale si manifesta godendo della bellezza di chi lo ascolta.
Un ascoltatore che muta, cambia, cerca contenuti nuovi e travolgenti, aderenti ad una posizione formalista ricca di significati ermeneutici. L’ascoltatore di Mazzariello è attento al colore, ai tratti del suono, al peso dell’armonia, alla rigidezza della tensione e alla compassione della sua risoluzione.
Ma tutto questo Mazzariello è stato bravo a crearselo negli anni in cui l’antisommossa non resisteva alle botte della vita e dell’amore. Oggi la sua musica è una corazza plasmata sull’identità tragicomica di un mondo che non ci ama… ma neanche ci odia poi così tanto.
L’Ep ricalca, come un bozzetto su carta carbone la società di oggi e il tempo che ci scorre come granelli di sabbia tra le mani e non siamo in grado di fermarlo, di arginarlo. Figuriamoci di conservarlo.
La voce di Mazzariello è curativa, aleggia tra la terapia e la rabbia giocando a ping pong tra il cuore e la testa, tra il razionale e l’irrazionale.