“Giovane emo sempre depresso” recita la bio del torinese d’adozione Sconforto, che torna in scena con Dammene ancora.
Siamo di fronte all’eccezione che non conferma la regola; una regola che ci ha insegnato ad abituarci, sempre più spesso, ad un emo punk, emo core e un pop punk. A volte strutturati, altre volte decontestualizzati, si rifanno alla loro accezione naturale dalla quale hanno preso piede: il punk rock.
Tuttavia, Sconforto ci ha palesato la possibilità di un nuovo mondo sonoro parallelo, seppur sempre appartenente all’attitudine emo.
Facendo ricorso a stilemi che presentano l’azione musicale in modo da enfatizzarne la separazione dal mondo reale, Dammene ancora di Sconforto descrive il raggiungimento del dramma attraverso lenti e focalizzazioni del tutto inusuali. Inusuali ma apprezzatissime.
E quando qualcuno diceva che la storia della musica non è altro che un’odissea di un’erranza, l’avventura delle sue assenze, chissà se non si riferiva al maledetto stato di penosa incertezza o errore nella quale viviamo abitualmente e musicalmente.
Nella musica di Sconforto non esiste distanza tra parola e sentimento e la rappresentazione della realtà è divisa invece da un fosso scavato dalla musica. Un fosso dove scorre il rapporto dei giovani con le dipendenze, le sonorità drop elettroniche e i riff midwest che fanno da contorno e una voce lacerata che ha il sapore di un frastuono sordo.
La vita è silenzio e solo la morte è rumore, mi verrebbe da dire. Fatto è che Dammene ancora è tutto l’opposto: dalle componenti caratterizzanti della techno come i ritmi pulsanti e ripetitivi, all’atmosfera elettronica quasi psichedelica. Dal gioco dei campionamenti agli skretch artificiali, passando per le melodie pop punk e il lirismo hardcore.
Il brano è una commistione meravigliosa di stilemi caratteristici di un mondo che piano piano stiamo imparando a conoscere e apprezzare.