L’amore in bocca è il titolo della canzone in gara al Festival di Sanremo dei Santi Francesi. Dopo essere stati selezionati, insieme a Clara e ai bnkr44, a Sanremo Giovani, Alessandro De Santis e Mario Francese sono pronti all’approdo all’Ariston tra i grandi della musica italiana.
Abbiamo incontrato il duo vincitore di X-Factor per parlare un po’ del loro primo Sanremo tra i big, dopo Sanremo Giovani, della storia dei Santi Francesi e del brano L’amore in bocca.
Cosa significa per voi partecipare al Festival di Sanremo dopo il vostro trionfo a X-Factor e dopo essere stati selezionati a Sanremo Giovani?
Significa tante cose per noi partecipare a Sanremo. Sicuramente per i nostri parenti più scettici è la consacrazione che siamo degli artisti. Per noi è un altro step, dall’inizio della nostra carriera non ci siamo preclusi nulla: abbiamo fatto i talent e i localini da 30 persone in giro per l’Italia. Sanremo sarà la vetrina più grande della nostra carriera, forse la più grande possibilità.
Nella scansione temporale di questi anni che vi hanno regalato molte soddisfazioni personali e musicali, qual è stato il momento in cui avete capito che quella sarebbe stata la vostra strada e che avreste fatto gli artisti di mestiere?
L’abbiamo capito in punti diversi forse.Alessandro: Io, ad esempio, sono fortunato perché ricordo in maniera vivida la sensazione della prima volta in cui sono salito su un palco a 12/13 anni. Ricordo di aver pensato “fermi tutti, voglio fare questa cosa qua nella vita”. Forse l’evento che poi ci ha permesso di viverci e pagarci da mangiare è stato X-Factor.
Mario: Anche per me una delle volte che mi ha flashato di più stare sul palco è X-Factor, è sicuramente quello che ci ha dato la possibilità più grande.
L’amore in bocca è il brano che portate a Sanremo. Il senso del brano è già racchiuso nel titolo, visto il gioco di parole L’amore in bocca-L’amaro in bocca. Rispetto al brano portato a Sanremo Giovani, Occhi tristi, che tipo di brano è? Nell’interpretazione dobbiamo aspettarci qualche sorpresa rispetto al passato o resterete fedeli alle vostre performance?
Alessandro: Un vero e proprio senso questa canzone non ce l’ha. E’ costruita ad immagini e gira tutto intorno a quell’espressione, nata per errore, che ci è piaciuta da subito. Noi con Cecilia Del Buono, autrice e artista del pezzo che ha scritto con noi il brano, abbiamo giocato intorno a questa suggestione. Restare fedeli a noi stessi è un dramma in generale per noi poiché non ne siamo troppo capaci. Nel corso del tempo forse le cose stanno cambiando ed è anche più accettato nel mondo della musica muoversi e spaziare un po’, però, in qualche modo, credo che il linguaggio sia quello che avete già sentito.
Per quanto riguarda l’interpretazione la formula sarà quella vista a X-Factor. Saremo noi due sul palco, che è una formula diversa da quella che portiamo dal vivo perché nei live non portiamo la riproduzione del disco, ma è uno show diverso. In tv saremo di nuovo in due. Il brano parte ballad, quindi abbastanza riflessivo, e poi c’è uno switch da metà brano in poi ma sarà tutto abbastanza in linea.
Mario: Essendoci l’orchestra è chiaro che il sapore sarà leggermente diverso.
Per quanto riguarda la serata Cover, la scelta di calcare il palco insieme a Skin è una bella responsabilità vista la fama dell’artista. La scelta di portare un’artista internazionale è stata motivata da un’esigenza musicale specifica?
Alessandro: No, la situazione è stata questa: noi siamo partiti prima dal brano. Non volevamo cercare un ospite, paradossalmente, per sfruttare una sua canzone, coverizzarla e portarla sul palco, piuttosto abbiamo preferito dare la nostra idea di un pezzo e trovare qualcuno che fosse disposto a seguirci. Skin non ci è venuta in mente subito perché è un’artista così famosa e internazionale; è venuta fuori per caso e sempre per caso il giorno dopo aver fatto la richiesta lei ha accettato, ma non era nei piani perché non ce lo saremmo mai aspettato. La ricerca è stata, più che altro, di una voce femminile perché nella cover che abbiamo realizzato io canto molto in alto quindi tendo a stare già abbastanza su e perciò cercavamo una voce che fosse capace di spingere ancora più su e dare ancora più aria al pezzo. Chiaramente la voce di Skin da quel punto di vista è follia pura perché prende delle note che non sono legali.
La scelta del brano per la serata cover è ricaduta su Hallelujah di Leonard Cohen. E’ di per sé un brano complesso da realizzare più che altro perché è ben fissato all’interno dell’immaginario sociale. Dobbiamo aspettarci una chiave diversa di questa canzone che regalerà, in futuro, una vita parallela al brano di Cohen?
Hallelujah è un brano complicato non nell’esecuzione ma nella realizzazione. Il brano è molto semplice ed è proprio la semplicità a renderlo così incredibile, quindi ritoccarlo è complicato perché tutti conosciamo la canzone e ce l’abbiamo ben fissa e l’abbiamo sentita sempre con quell’atmosfera confortevole. Noi cercheremo di portare le atmosfere più inquietanti e violente che ci sono nel brano e se si leggono i virgolettati di Cohen o se si legge semplicemente il testo, si evince quanta violenza e contraddizione ci sia dietro. Non sappiamo se avrà una vita parallela dopo Sanremo, ce lo auspichiamo, ma non sarà una versione troppo simile a quelle che abbiamo già sentito. Abbiamo cercato di stravolgerla: è un rischio, però ce la sentivamo come per Creep a X-Factor. Ci siamo detti “prendiamo questo brano che è intoccabile, tocchiamolo e vediamo se riusciamo a schivare i pomodori”.
A noi di Cromosomi non piacciono molto le etichette sociali o l’incasellamento in un determinato genere musicale per gli artisti. Spesso, però, le etichette ci aiutano a dare un’indicazione sugli artisti in gara a Sanremo. Per questo vi chiediamo se il vostro sarà un brano di rottura rispetto al passato del Festival, oppure potrà essere considerato un brano sanremese.
Mario: Non lo so, perché quando si parla di brano sanremese, soprattutto ultimamente, tendo a non capire più cosa vuol dire. Una volta era più facile da capire. Mi viene da dire che è un brano sicuramente non come te lo aspetti nel bene e nel male. E’ un pezzo che evolve nelle varie volte in cui lo ascolti e prende forme differenti, che è un po’ quello che vogliamo fare noi con la nostra musica per invitare le persone a non fermarsi ad una prima apparenza. La canzone ha le vesti di una ballad, ma poi si trasforma in qualcos’altro. Se è sanremese o no forse non lo sapremo mai: mi viene da dire che se è risuonata nelle orecchie di qualcuno, in particolare di Amadeus, ci sarà un perché probabilmente.
Alessandro: oppure c’è andata di culo (ride ndr).
Sanremo è il momento più importante dell’anno per molti italiani. Qual è stata, secondo voi, la canzone più iconica di tutte le edizioni di Sanremo o, comunque, l’artista che ha partecipato al Festival a cui vi ispirate?
Alessandro: Se stiamo sotto l’aggettivo iconico ce ne sono veramente tanti. Quello a cui sono più legato e che mi ha ispirato per i concetti è Argentovivo di Rancore, Silvestri e Agnelli. Un’esibizione pazzesca, anche a livello concettuale sembrava un’opera, una performance. Non era solo musica.
Mario: Con iconico ho pensato subito a Elio e le Storie Tese. Li ricordo sempre con sorriso di gioia e con un po’ di invidia. Io e Ale non seguiamo il Festival da tanti anni, però i ricordi sono comunque tanti. Mi viene in mente anche Fiamme negli occhi dei Coma_Cose.
Domanda bonus: un consiglio per coloro che devono scegliervi per la propria squadra del Fantasanremo.
Pensateci bene. Stiamo mettendo le mani avanti da un mese. Conosciamo Fantasanremo, è molto divertente, ma il massimo dell’attenzione riguarda l’esibizione e la musica. Nel momento in cui saremo più rilassati, ci sarà la possibilità di divertirsi un po’. Vedremo.