La puzza della città è il nuovo lamento degli Ex Otago.
La Fine, Con te e Mondo Panico hanno anticipato questa ballad malinconica dal racconto struggente.
Urbanizzazione, industrialismo e aumento del costo della vita rappresentano i bordi oltre la quale La puzza della città cerca di andare raccontando una trasformazione che è iniziata anni fa e che continua a dilagare nel nostro presente.
La soluzione a quest’odissea è la parola casa. Sentirsi a casa è senza dubbio sinonimo di argomento delicato, poiché nella nostra situazione culturale ha oscillato e tuttora pendola tra l’oscurità teorica ed una disagiata aneddotica. Secondo gli Ex Otago sentirsi a casa vuol dire svegliarsi nella propria stanza, tenersi per mano, raccogliere le stelle che cadono, aprire gli occhi a febbraio tra chi spaccia e chi fa il notaio, tra treni che arrivano in ritardo, la pioggia che cade insistente, ascoltare musica e la puzza della città.
Inoltre vale la pena, a questo punto, insistere su un aspetto fondamentale, e cioè quello della poetica del cantautorato di spessore che nel mondo musicale italiano di oggi sembra quasi un miraggio.
Gli Ex Otago non cedono e mai hanno ceduto all’inesorabile eclissi della musica di consumo passivo in senso stretto e dall’inizio della loro carriera ad oggi non si sono arresi ad un processo di stilizzazione atto ad apportare un’alterazione dei connotati originari.
Meglio se questo esempio si rapporta prendendo ad oggetto la loro musica; una musica che inevitabilmente è maturata di sound ma che preserva un’identità ben chiara al pubblico.
Il discorso sulla musica di consumo tende in genere ad arenarsi più per un vizio di base che per validità di argomenti tuttavia ascoltando La puzza della città si percepisce attraverso un pop di qualità, comunque l’essenza di una band che sa cosa dire. E che sicuramente tassello dopo tassello, canzone dopo canzone, saprà palesare la sua eterna poetica all’interno del nuovo, e attesissimo, disco.