Vasco Brondi pubblica mercoledì 10 gennaio il suo nuovo singolo, Un segno di vita (Carosello Records), canzone che anticipa e dà il titolo al nuovo progetto discografico in uscita a marzo e al tour di 12 date che partirà in aprile. Si tratta di un ritorno molto atteso, a distanza di tre anni da Paesaggio dopo la battaglia, il primo album che Vasco Brondi aveva pubblicato a suo nome dopo la conclusione del progetto Le Luci Della Centrale Elettrica.
Un segno di vita secondo Vasco Brondi
«è una preghiera rumorosa dedicata a questo presente complesso, ambientata in un paesaggio di bombardamenti e città disastrate per il cambiamento climatico. Scoprire i primi germogli che crescono a Hiroshima dopo la bomba atomica, i fiori che crescono anche nel deserto. Provare a intravedere il futuro, come nelle profezie, la pioggia che fa sparire le strade, la pianura che tornerà un bosco. La cantilena degli esseri umani, costruire e distruggere e poi ricostruire.
Come scriveva Calvino “adesso più che mai è importante cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio” ».
Come il finale di Fight Club con quelle esplosioni che fanno sgretolare i grattacieli, i funghi atomici ed Enola Gay che torna a casa orgoglioso del suo operato avvolto nella sua bandiera a stelle e strisce, le alluvioni e i tornado che portavano i nomi di donne prima della protesta contro il criterio sessista: passano gli anni e non ci rendiamo conto del male che ci facciamo, che facciamo a chi ci ha accolto e che (solo) adesso ha deciso di darci dei segnali. La Terra ci tira le orecchie, gonfia il petto e ci ricorda che è arrivato il momento di ridimensionarci, mentre i grandi del pianeta giocano a Risiko, attaccano con le armate rosse di Putin e con le armate nere di Netanyahu donne e bambini innocenti, mentre l’Occidente fa spallucce in nome dell’equilibrio.
Bombardano bombardano e tutti guardano
Non arrivano le provviste
Non arrivano le voci e le promesse
Solo luci di stelle fisse
che parlano di pace
e di apocalisse
Forse siamo ad un punto di non ritorno, forse questa volta “nel disastro il futuro era sempre lì a sorriderci” è l’augurio più grande che possiamo farci tutti, ma dovremmo guardarci negli occhi prima di farlo, avere la consapevolezza di poter ancora salvare il salvabile, mentre è appena terminato il 2023 che si è confermato in assoluto l’anno più caldo dal 1850, ma non esistono i cambiamenti climatici, vero?
Ho ancora tanti errori da commettere
ti prego lasciameli fare
Adesso lasciati guardare
nella luce artificiale o nella luce naturale
che bel rumore fanno le cose quando stanno per finire
Resta con noi che si fa sera resta con noi è quasi primavera
distruggevano e ricostruivano
e ancora distruggevano e ricostruivano e ancora distruggevano
e ricostruivano e ricostruivano e ricostruivano
La sentite Where is my mind dei Pixies? Lo sentite il rumore che fa la distruzione?
Crollano i palazzi, ma non crollano i governi, crolliamo solo noi, sognatori in cerca di Un segno di vita, anime complici e ignare del disastro. Sarà sempre più difficile chiamarla felicità questa vita vissuta su spiagge deturpate, a ricordare quanto ci siamo amati mentre il cielo terso notturno ci faceva cadere in testa costellazioni attaccate male a quel soffitto naturale, proprio mentre lo scrutavamo e finivamo tra la via Emilia e la Via Lattea a nasconderci da chi, dall’altra parte del mare in tempesta, urlava “Terra” e ci affidavamo che tutto andasse bene custodendo talismani per tempi incerti, pronti a fuggire verso un paesaggio dopo la battaglia, verso quei luoghi dove ci esplode il cuore a cercare un segno di vita.