Willie Peyote torna a Milano, in un Fabrique caldissimo che arriva al sold out.
Dopo otto anni, non è ancora il suo genere.
Il nome del tour lascia poco spazio ai fraintendimenti: Non è (ancora) il mio genere: dal 2015 ad oggi, tutto è cambiato per restare identico.
Anche se l’umile Guglielmo Bruno non vuole definirsi né cantautore né rapper, finisce sempre con il suo alter ego Willie Peyote che riesce a lasciare il segno in entrambe le vesti. Credo che anche come jazzista potrebbe fare la sua porca figura, accompagnato dai fidati geniacci della Sabauda Orchestra Precaria.
L’ultima volta che ho visto Willie dal vivo era il 2018, a Firenze, su un palco verticale fighissimo in riva all’Arno. Ricordo ancora adesso, molti concerti dopo, quell’esibizione come una delle più divertenti e liberatorie a cui ho assistito.
Oggi la location è più standard, ma bastano pochi minuti per ricordarmi che non era di certo solo il palco verticale in riva all’Arno che ha fissato quel concerto del 2018 nella mia memoria.
Il manifesto di Willie Peyote.
Willie Peyote riesce sempre a raccontare in modo sincero i lati più ironici della realtà, mascherandosi da cazzone per poter dire liberamente le sue verità senza alcun filtro.
La realtà di Willie è quella che mi piace di più, descritta in modo trasparente in tutte le sue brutture senza lasciarle però il potere di abbatterci.
Anzi.
Più la realtà diventa brutta, cupa, incomprensibile, più noi ci ridiamo su quando parliamo di lei: il modo migliore per esorcizzare i demoni della quotidianità. In questa sua filosofia irridente e beffarda mi ricorda una delle mie band preferite, seppur di un universo musicale differente: i Clash.
Spesso passa sottovalutato un aspetto in cui Willie Peyote ha segnato una grandissima svolta e, se vogliamo, fatto la storia dell’indie. Willie ha riunito e avvicinato il rap e il cantautorato, togliendo al rap quella parte sborona e autoreferenziale, aggiungendo l’ironia al cantautorato più impegnato senza abbassarne la valenza sociale. Oggi sembra così ovvio e naturale, ma non lo è sempre stato.
Nel 2018 conoscevo poco altro di Willie oltre alle sue canzoni: oggi che lo conosco di più, posso dire che abbiamo molte più cose in comune di quanto si possa immaginare. Se il genere umano non è ancora il suo genere, posso affermare con ragionevole certezza che, qualunque sia il genere che più gli appartiene, probabilmente varrebbe anche per me.
Dato che chi scrive ha una particolare curiosità in comune con Willie, metto qui quattro suoi versi che (forse) la raccontano. Chissà se il buon Guglielmo leggerà questo articolo e capirà di che parlo.
Ognuno ha le sue, pensa a cosa farebbe Gesù
C’è vita dopo la morte?
Che domande del cazzo
Intorno a me persone già morte
Non sono neanche battezzato
E se Dio esiste è pure peggio
Perché è evidente ha cazzeggiatoLe preghiere non funzionano
Ma le bestemmie si, dite Amen
Ho pensato troppi anni
Che a comandarmi fossero una banda di coglioni
Ho subito vessazioni, nel mucchio ho visto squali
Ho visto automi, ho visto i buoni