Nove chiamate e una carriera iniziata meno di tre anni fa, ma che sembra in rapida ascesa. Medy Cartier, o semplicemente Medy, rapper bolognese, annata 2001, vede la sua fama in rapida ascesa. Nel 2020 ha piazzato qualche featuring, il primo singolo; nel 2021 invece, spinto soprattutto dal singolo Tête con Villabanks, ha registrato numeri notevoli per un emergente, e ottime impressioni per pubblico e critica.
Nove chiamate, la più importante per Medy fino ad ora è stata sicuramente quella della Sony, etichetta che l’ha accolto nella sua schiera, per il primo progetto musicale. E il rapper bolognese ha risposto, lavorando sull’EP in uscita il 13 gennaio 2023, ponendosi tra i primi prodotti trap/urban del nuovo anno. Noi di Cromosomi, il 9 gennaio, siamo stati in Sony per il pre-ascolto dell’EP, per darvi una prima impressione fondata.
Nove chiamate, ma Medy, alla sua consacrazione, ad oggi non risponde presente. Il suo EP segue la scia dei giovani milanesi ad oggi più famosi, Rondodasosa e Shiva, che con Giovane Rondo e Routine, in modi diversi hanno bussato alla porta della scena, ma almeno in quel momento, come emergenti, come giovani brillanti, senza i numeri e il gradimento coi progetti successivi. E così Medy ha costruito un EP in linea con ciò che ci si poteva aspettare da un emergente, un prodotto curato dal punto di vista musicale, ma con varie problematiche.
Nove chiamate, ma nessuna in arrivo per chi si aspettava un prodotto fresco, nuovo e diverso, in una scena che da qualche anno presenta pochi originali e troppe copie. Medy ha la giusta voce, un’ottima squadra alle spalle e, volendo, anche una buona attitudine sulla base. Nell’EP, Medy è un po’ la prima punta della squadra, che fa un gran gioco corale dietro, ma non va in gol per l’imprecisione del suo bomber di razza.
Nove chiamate è l’EP che a Medy non serviva, se non per raccattare qualche numero in FIMI, perlopiù le briciole di quelli che i numeri li portano a casa sul serio. Il punto di forza del prodotto sono sicuramente le produzioni, e l’elogio va al gran lavoro di Timon, che con un gran lavoro rende i vari pezzi orecchiabili e scorrevoli, e contrariamente al suo collega, sembra già pronto al suo salto di qualità. Menzione d’onore ad Andry The Hitmaker, che col suo solito egregio lavoro, alza ulteriormente il livello del pezzo Soffocare.
Passando al rap, alle rime, al lavoro di Medy, il livello cala, e purtroppo non poco. Considerando il buonissimo livello della parte musicale, featuring compresi, il rapper italo-marocchino doveva adeguare se stesso al livello di tutto ciò che gli è stato costruito intorno. E se non viene messo in dubbio il suo impegno, in relazione anche al suo team, alcuni punti non sono in grado di consentirgli una classificazione che vada oltre il semplice livello di emergente.
Partendo dall’analisi dei testi, è vero che fuoriesce l’ambiente street e gangsta a cui Medy dice di appartenere. Però, è anche vero che l’immaginario è molto limitato, ripetitivo e poco interiore. Ci parla della strada, del suo passato, della sua esperienza ma mai con un’intenzione di approfondire il testo, di portare un effettivo immaginario di sentimenti, emozioni e passioni. Medy è un gangsta, dice di esserlo, di provenire dalla strada, ma chi ascolta non sente un perchè.
Sempre nella ripetitività, troviamo i temi dell’autocelebrazione, portata fin troppo in là considerando anche il livello nella gerarchia urban a cui è arrivato fino a questo momento il rapper bolognese. E poi, il classico rimando ad una lei, che non chiama, c’è ma non c’è. Altro argomento mal definito e poco approfondito. La sensazione che dà l’analisi dei testi è di superficialità, per quanto Mady provi effettivamente a mostrarsi, in parte, come uno specchio annebbiato.
Altro incidente, è il netto divario tra i due featuring d’eccellenza, Capo Plaza e Villabanks, che con due ottime prestazioni, non solo mettono in ombra quella di Mady, semmai ne risaltano lungamente i difetti. Capo ha tirato fuori una strofa interessante, nel suo mood chill, e Villabanks si è espresso ad un livello veramente alto, mostrando il suo continuo crescere nella scena urban. Due featuring importanti in un EP emergente, forse è stato troppo in questo caso.
Nell’aspetto musicale, Medy invece si trova più a suo agio, prendendosi il suo spazio nelle produzioni di Timon. Se i testi risultano spesso banali e ripetitivi, l’aspetto metrico e di flow, per quanto più curato e sempre attinente, non è di tanto migliore. Sicuramente fuoriesce una crescita, nella cura e nell’espressione delle parole sul beat, eppure anche in questa fase risulta poco innovativo, confrontato col mercato attuale. Ma potendo comunque considerare buono un prodotto non innovativo, la troppa ripetitività dei flow risuona, rendendo i sette pezzi troppo simili tra loro.
Punti di forza dell’EP, oltre alle produzioni, anche i featuring, che per quanto amplifichino le lacune di Medy, di per sè innalzano notevolmente i pezzi in cui sono presenti. Il rapper però ha dalla sua una bella attitudine, dei trascorsi adeguati per il genere e una vocalità di livello, solo per ora, non ottimo ma abbastanza buono. La qualità e il potenziale non sono in discussione, ma senza dubbio l’asticella deve alzarsi, e non di poco.
Medy ha le qualità per esibire un futuro disco di alto livello, che può entrare e rompere gli schemi, per crearne di nuovi. Ma Nove chiamate EP, ad oggi, non è nulla di nuovo, nè di speciale, nel mercato discografico. Non è considerabile come flop, ma la mediocrità, la media non dev’essere l’obbiettivo di un giovane talento di questo genere, che si mostra in continua evoluzione e fervore. Alla prossima chiamata, è necessario che risponda, e la convinzione è che lavorando con un team che si è dimostrato funzionante e funzionale, ci riuscirà.